Mario Tamponi Zurück
Parliamo con i piedi! Evoluzione sorprendente L’altra sera ho litigato con mia moglie ma senza capirne il perchè, senza afferrare il senso delle sue argomentazioni e delle mie. Poi è subentrato il gelo; la nostra lingua era stranamente incapace di tornare indietro o al massimo di chiedere scusa per fare la pace e così ci è addormentati come due monadi scontrose. All'alba dell’indomani all’estremità inferiore della coperta ho notato i suoi piedi nudi sbucare in movimenti ora convulsi ora ondulatori. Sussultavano come se sentissero di avere un ruolo nel silenzio della parola e nell’immobilità del resto del corpo. Come se volessero comunicare qualcosa alla loro legittima titolare e a me. Istintivamente ho fatto spuntare anch’io i miei senza inibirne la spontanea gestualità. Ed è così che mia moglie ha accennato a sorridere fino a contagiarmi. Mi è diventato chiaro, i piedi hanno una loro lingua che noi abitualmente imbavagliamo nelle calze, nelle scarpe e a letto sotto le coperte. Non ce ne accorgiamo per le poche cose che pronunciano quando gliene diamo la possibilità e perchè la nostra presunta superiorità mentale con l’ausilio di bocca e mani - così è sempre stato! - tende a snobbarli. Nel nostro vocabolario corrente "parlare con i piedi” o "fare un lavoro con i piedi” non è mai stato un complimento. Antropologi ed etnologi sostengono che la specie umana ha cominciato a sprigionare intelligenza e capacità di progresso quando, rispetto agli antenati biologici, è passata alla posizione eretta che ha liberato le mani. Delle mani si pensa in genere alla capacità di costruire utensili e alle prestazioni artigianali, ma si trascura di sottolineare quelle artistiche, comunicative e concettuali; nel passaggio dalla scimmia all’homo sapiens le mani non hanno prodotto soltanto armi difensive e offensive per la sopravvivenza, ma anche bellezza e spiritualità. Eppure ci ostiniamo a sottovalutarne la nobile espressività; ci limitiamo a considerarle accessori o supplenti, come nel caso di sordomuti e disabili. Sarebbe possibile molto di più se ne valorizzassimo la molteplice mobilità, le funzioni di ogni singolo dito (e ne abbiamo dieci) e dell’intera area dorsale e palmare con l’intreccio di nervi e muscoli, ciascuno con proprie percezioni e reazioni, e diversamente sintonizzato con organi e apparati. Riscattati dalla miopia dei nostri pregiudizi, anche i piedi potrebbero avere un compito analogo e con risultati non addizionali (due mani + due piedi = quattro arti parlanti) ma esponenziali. Si pensi alla complessità del linguaggio che si articola su poche vocali-consonanti o alle creazioni della musica con una base di poche note. Le mani con la loro gestualità non ripetono le cose dette con le parole, ma le arricchiscono di modalità, un pò come un clarinetto completa la chitarra, il violino il pianoforte. Quanto ai piedi molti segnali dovrebbero farcelo intuire, ad esempio quando balliamo un valzer o un tango, quando ci muoviamo con eleganza su una pedana di moda o pratichiamo sport col virtuosismo sinuoso di Maradona o Bolton. Il calcio seduce i tanti che scoprono creatività in ciò che sembrava condannato all'atrofia, comunicazione ritmata degli arti inferiori nello spirito di squadra e nella matematica di strategie in competizione, il merito che invece di dividere alimenta l'amicizia. Per terapeuti e mistici orientali i piedi sono centrali di sensibilità vissuta, fonte di ispirazione. Sentiamo più erotica e protettiva una carezza ai piedi di quella sulle mani, spesso callose, o sulle guance spesso distratte! Ma i piedi puzzano, potranno obiettare scettici e reazionari. Puzzano perchè non li curiamo come e quanto dovremmo, non li profumiamo come meriterebbero. Spesso li dimentichiamo in uno stato di asfissia e li priviamo così della gioia di esistere e di parlare; e non vogliamo coglierne i lamenti che per loro timidezza ci giungono flebili. Quando andiamo ad una festa o ad un incontro di amici o estranei dovremmo invece liberarli dal cappio inibitorio di scarpe e calze per una comunicazione più polifonica, più vicina alla musica della natura. Quello che la posizione eretta-verticale fa con le mani potrebbe farlo con i piedi quella supina-orizzontale. Se armonizziamo le due posizioni con parità di trattamento e apprezzamento gli effetti andranno oltre l’imprevedibile. Un popolo che oggi riuscisse a capirlo potrebbe dinamicizzare il proprio processo evolutivo e vincere la competizione con gli altri sul piano intellettivo e creativo. Ancora più bello sarebbe se l’umanità riuscisse a crescere insieme senza percepire lo sviluppo come selezione. Ma la politica arriva sempre troppo tardi. Perchè si decida dovremmo cominciare a muoverci come singoli. Non ci costerebbe nulla a casa, a scuola e altrove abituarci a toglierci le scarpe e ogni altro strumento repressivo contro i diritti dei piedi. A pranzo, al lavoro o in un congresso potremmo appoggiarli nudi sui tavoli o sul grembo dei vicini e renderli protagonisti. Così dovrebbe fare un relatore in una conferenza, un politico che enuncia il suo programma, un ricercatore che espone la sua teoria, un ragazzo o una ragazza che osa la sua dichiarazione d’amore, un religioso che pregando in forma meno convenzionale voglia coinvolgere il suo popolo nel rapporto col suo Dio. Del resto lo canta anche il salmo: “Oculi mei semper ad Dominum, quia ipse eruet de laqueo pedes meos / I miei occhi son rivolti sempre al Signore, perchè Egli libererà dal laccio i miei piedi " (Ps 24,3a). Mario Tamponi